Montagne 360, Nepal Nord-ovest del Chamlang, 7321 m

Montagne 360
14/11/2019 09:03

Nepal Nord-ovest del Chamlang, 7321 m
La cordata non è nuova a gran belle salite. Una per tutte Satisfaction, ED+ M7 WI5 70° 3000 m, al Gasherbrum I (2017), vincitrice del celebre Piolet d’Or nel 2018. Così, di nuovo legati assieme, i cechi Marék Mara Holeček e Zdeněk Hák lo scorso maggio hanno realizzato quella che Holeček ha definito «La salita più dura finora messa a segno per la varietà di pericoli oggettivi». È nata così UFOline, lungo l’inviolata Nord-ovest del Chamlang 7321 m, nella valle di Hunku (Malangur Himal, Nepal). 7 giorni in stile alpino, con difficoltà ABO (estremamente dura), M6 WI5, 2500 m, 4 bivacchi in salita e 2 in discesa. «Una verticale parete di ghiaccio segnata da lingue rocciose che l’attraversano a reticolo. Nessuna evidente linea di debolezza, un’arrampicata diversificata, con dure sezioni di misto, altre su ghiaccio, altre ancora su roccia. La mancanza di punti naturali per ripararsi in parete in caso di avverse condizioni del tempo nonché di buoni punti per bivaccare, ci ha fatto comprendere da subito che non potevamo che salire veloci e leggeri», ha raccontato Holeček. Campo Base avanzato ai piedi della parete, poi il 17 maggio il duo ceco attaccherà. Con loro una tendina da bivacco, una corda da 80 m da 7 mm, 6 chiodi da ghiaccio, 5 da roccia, 5 friend, cibo per 5 giorni e 3 cartucce del fornelletto. «Abbiamo scelto la prima finestra libera da precipitazioni nevose, per il pericolo di scariche da quella lavagna verticale. Già il portarsi in parete è risultato complesso. La roccia marcia era impossibile da proteggere. Poi si è proseguiti su misto per nulla piacevole, e ghiaccio come cemento. Neve come zucchero! Progressione lenta nei primi due giorni con la consapevolezza che, qualunque cosa duemila metri più in alto si fosse staccato, sarebbe stato molto pericoloso. Il terzo giorno abbiamo affrontato il punto di non ritorno: da lì potevamo solo proseguire alla cima. 700 metri di canne d’organo di neve, dopo le quali non eravamo davvero sicuri dove avremmo bivaccato», spiega Mara. Dopo 4 bivacchi la cordata è uscita dalla grande parete il 20 maggio: «Arrivati con la tormenta e la nebbia. Abbiamo trascorso la notte a 7300 metri e l’indomani attraversato l’intera cresta sommitale e tutte le cime maggiori nel cielo terso e nel forte vento, fino alla cima». Raggiunta il 21 maggio. «Il quinto giorno avevamo finito i viveri. E l’avevo messo in conto. Solo non pensavo che la discesa sarebbe stata così dura». Due altri bivacchi. Il 23/5 alla base della parete.

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